Un anello tra gli insediamenti dell’alta Valle d’Ala

 

Il versante sinistro orografico dell’alta Valle d’Ala, al confine fra i comuni di Balme e Ala di Stura, esposto a sud, molto aperto e solcato da diversi valloncelli, malgrado una certa asprezza si è sempre rivelato favorevole alle attività umane, ospitando, oltre a innumerevoli alpeggi fino a quote elevate, anche diversi insediamenti di mezzo monte (muandes) e persino alcuni villaggi, in passato abitati
in permanenza, tra i più elevati delle Valli di Lanzo. L’itinerario proposto consente di osservare alcuni esempi delle succitate tipologie insediative, dove, malgrado il generale abbandono delle terre alte, permangono qua e là le attività tradizionali di agricoltura e soprattutto di allevamento del bestiame.
È consigliabile effettuarlo con buone condizioni di visibilità, data la presenza di alcuni tratti senza segnavia, e in caso di nebbia conviene tornare per il percorso di salita; utile un altimetro per agevolare l’identificazione delle parti non segnalate.

 

Dislivello: 950 m

Tempo di percorrenza: 3 ore per la salita, 6 ore circa per l’intero anello

Segnavia: n. 232, n. 233, GTA e Via Alpina

Difficoltà: E (escursionistico)

Periodo migliore: da giugno a ottobre

 

Il punto di partenza dell’itinerario è il villaggio di Molette (1344 m), la prima frazione di Balme che s’incontra risalendo la Valle d’Ala. Quasi al termine della borgata, in corrispondenza della palina della fermata del bus, a destra si nota sul muro di una casa il segnavia n. 232 e, poco più sopra, il cartello indicatore dei percorsi escursionistici della zona. Si imbocca il sentiero segnalato in salita in direzione della frazione Molera, poggiando poi a sinistra, dove una freccia indica il passaggio.

La mulattiera giunge a incrociare la strada asfaltata per Molera, che va seguita verso destra fino all’ultimo tornante, dove una tabella poco a monte indica la prosecuzione del sentiero n. 233.

È consigliabile però una breve deviazione alla vicinissima borgata (1478 m), frazione di Balme oggi disabitata d’inverno, il cui nome, come quello di Molette, deriva dalle “mole” di pietra per macine e mulini che venivano ricavate nei dintorni. Per la posizione aperta e soleggiata il villaggio è definito
“la riviera del comune di Balme”; fino agli anni Cinquanta del secolo scorso gli spazi circostanti,
ora quasi ovunque inselvatichiti, ospitavano campi di patate, segale, orzo, persino grano.
La borgata era anche relativamente al sicuro dalle valanghe: solo nel terribile inverno del 1885,
il 18 gennaio una valanga deviò dalla traiettoria abituale investendo una casa, dove trovò la morte una madre col figlio neonato.

Chi volesse abbreviare il percorso di una ventina di minuti può ovviamente salire fino a Molera lungo
la carrozzabile che si stacca dalla provinciale presso Chialambertetto. Per riprendere il sentiero n. 233 è sufficiente ridiscendere brevemente lungo la strada d’accesso, deviando subito a destra per una sterrata che al suo primo tornante accosta il sentiero stesso.

Si sale abbastanza ripidamente tra faggi e larici, poi il sentiero spiana in una bella radura, poco
a monte della quale si incrocia la strada sterrata di servizio per l’alpe Piamprà. Senza fare l’ampio
giro della strada, si sale lungo i pascoli seguendo i segnavia alle costruzioni dell’alpe Pian Bosco
(1664 m, 1 ora).

Dalla zona degli insediamenti permanenti siamo passati ora in quella degli alpeggi estivi: data la già rilevante quota dei primi, in questa parte del comune di Balme non troviamo le muande, vale a dire
gli insediamenti di mezzo monte intermedi tra i villaggi e gli alpeggi, diffusi invece nella limitrofa zona di Ala di Stura e nelle parte inferiore della valle. Qui si abbandona il percorso a destra della GTA e della Via Alpina, per salire a monte delle baite incrociando ancora una volta la sterrata (segnavia n. 233).

Ci si inerpica a svolte per il ripido versante, dominato dall’Uja di Mondrone e solcato da alcuni piccoli corsi d’acqua, raggiungendo il bivio per la via normale all’Uja, presso i ruderi dell’alpe Le Piane,
a quota 2030 circa. L’evidente povertà dei pascoli fa sì che questo e il non lontano alpe della Corna (1941 m) siano i più elevati alpeggi della zona; entrambi sono da tempo abbandonati, diversamente da quelli della valletta lungo il percorso di discesa, molto più fertile, dove essi si spingono fino
ai 2228 m dell’alpe Le Frere e sono assai più numerosi e in parte ancora utilizzati.

Si segue ora il sentiero di destra per il bivacco Molino, passando tra grandi massi rossastri e risalendo poi tra pascoli sempre più magri.

A quota 2250 circa, in un piccolo ripiano, si lascia il sentiero n. 233 che prosegue per il passo dell’Ometto per imboccare la diramazione di sinistra e in pochi minuti si arriva al bivacco
“Bruno Molino” del Cai di Lanzo (2280 m, 3 ore da Molette), dedicato all’alpinista a lungo capo della stazione di Soccorso alpino di Balme. Inaugurato il 28 giugno 1987, sempre aperto (e quindi
da rispettare in ogni sua parte, e da pulire e richiudere accuratamente dopo l’eventuale uso),
il bivacco offre 24 posti letto con materassi e coperte e serve come base per le salite alpinistiche
alla parete Nord dell’Uja di Mondrone (2964 m) e alle sue creste Est e dell’Ometto, nonché per
le traversate a Forno Alpi Graie e al bivacco Soardi-Fassero per il passo dell’Ometto (2618 m) e al Pian della Mussa (rifugio Ciriè) per il passo dell’Ometto e il Ghicet di Sea (2750 m). Nella zona non è infrequente osservare pacifici gruppi di stambecchi al pascolo.

Si discende ora per il percorso di salita fino a un tornante a quota 2160 circa (segnavia su una roccia
a sinistra), dove si lascia il sentiero n. 233 per imboccare una traccia a sinistra, evidente ma non segnalata, che dopo una trentina di metri quasi in piano passa subito a valle di un masso appuntito, quindi in lieve discesa supera un costone e si abbassa alle baite dell’alpe Pian delle Mule (2078 m).
Per chi non volesse arrivare fino al bivacco Molino, a questa traccia si può arrivare dal percorso di salita anche staccandosi sulla destra dal sentiero n. 233 a quota 2060 circa, subito dopo che il n. 233 ha attraversato un piccolo rio ed effettuato una breve salita; il sentierino la raggiunge in breve, con una diagonale ascendente tra i pascoli in direzione nord-est.

Per tracce di bestiame si cala lungo i pascoli sottostanti ai due gruppi di costruzioni dell’alpe I Piani (1950 m). Continuando la discesa nella stessa direzione, tenendosi preferibilmente sulla sinistra,
si incrocia il sentiero GTA e Via Alpina, proveniente da sinistra: lungo tale sentiero ci si abbassa raggiungendo in breve l’alpe Piamprà (1767 m), ancora utilizzata, dove arriva una strada sterrata
di servizio. Evitando la strada, si seguono i segnavia che portano lungo i pascoli sottostanti a deviare poi sulla destra, ritrovando la sterrata poco sotto; qui chi desidera abbreviare il percorso o ha l’auto
a Molera deve seguire il percorso GTA e Via Alpina in direzione dell’alpe Pian Bosco, dove ci si collega all’itinerario di salita, mentre chi vuole completare l’anello deve scendere sulla sinistra della strada (ometti) imboccando la poco visibile traccia che si abbassa ripida per ritrovare poco sotto il vecchio percorso del sentiero n. 233.

Tale sentiero si abbassa a svolte superando un tratto dirupato e intersecando nuovamente la carrozzabile sterrata (che pertanto da Piamprà si può comunque seguire, anche se compie un lungo giro); lungo il sentiero o per la carrozzabile stessa, passando alcune baite isolate, si arriva presso la bella cappella di Sant’Antonio da Padova, già esistente nel 1769, che sovrasta le case di Caudré (1465 m), in passato piccola frazione dell’ex comune di Mondrone abitata in permanenza, ora occupata solo d’estate; in patois il nome significa “noccioleto” a testimonianza dell’abbondanza di noccioli nella zona, dove malgrado la quota crescono ancora piante da frutta quali ciliegi, meli, susini, noci.

Si scende fra le case ritrovando ancora la sterrata presso un bivio: si prende la diramazione che
si abbassa a destra e, dopo un tornante presso una casa abitata, termina al piccolo ripiano ove giacciono le suggestive case del Ciampàs (1400 m), un tempo abitazioni permanenti, oggi purtroppo in abbandono, come il bel forno da pane e il curioso pilone votivo a base circolare. Il vecchio sentiero GTA che da qui portava a Molette è oggi in precarie condizioni di percorribilità, è quindi consigliabile chiudere l’anello come segue.

Per i prati a ovest del Ciampàs (destra guardando verso valle), in lieve discesa ci si porta sul costoncino a margine del vicino rio, dove occorre individuare una debole traccia che si abbassa
ripida lungo il costoncino stesso, avendo come riferimento il cavo della teleferica di servizio per le case soprastanti. La traccia arriva sulla strada carrozzabile proprio in corrispondenza della stazione
di partenza della teleferica stessa; seguendo verso destra la strada in pochi minuti si è a Molette
e all’auto. Per la discesa lungo l’anello consigliato, calcolare circa 3 ore; quindi circa 6 ore per
l’intero percorso.

 

 

Bibliografia di riferimento:

 

Il Comune di Balme pubblica il periodico web “Barmes news”, ricco di notizie sul paese e dintorni. Tutti i numeri editi sono consultabili sul sito internet del comune; l’articolo dedicato a Le  Molette e
la Molera, le borgate dei fabbricanti di mole
, si trova nel n. 18, luglio 2002.

 

Due testi della Società Storica delle Valli di Lanzo indagano caratteristici aspetti della vita balmese, diffusi in passato anche a Molette e Molera:

– E. ZANELLATO (a cura di), Musiche, canti e danze tradizionali di Balme, vol. LX, 2000;

– G. INAUDI, D. TAVERNA, Le màiess dou bort di Balme. Da indumento di uso quotidiano a icona di una identità valligiana, vol. LXXV, 2002.

 

Assai interessante, anche se non facilmente reperibile, è l’indagine riferita a un’epoca in cui gran parte degli alpeggi era ancora utilizzata: M. RONDELLI, Le abitazioni temporanee della Valle di Ala, in “L’Universo”, n. 7, 1925; ID., Le abitazioni temporanee della Valle di Ala. Parte II – Usi e costumi pastorali,
in “L’Universo”, n. 9, 1929. Nel 1976 il Comune di Ala di Stura ne ha curato la ristampa.

 

Divulgativo è il lavoro di G. CASTAGNERI, Lassù sotto la luna. Vita agro-pastorale nelle alte valli,
Neos Edizioni, 2008, che tratta proprio di Balme.

 

Notizie sulla cappella di Caudré e sugli altri edifici religiosi della Valle d’Ala sono in P. MASSAGLIA, Chiese e cappelle in Val d’Ala. Comuni di Ceres, Ala di Stura, Balme, Società Storica delle Valli di Lanzo, vol. XCVII, 2006.

 

A Balme, sono interessanti gli affreschi cinquecenteschi esaminati da C. BERTOLOTTO, M. FRULLI,

G. INAUDI, G. SCALVA, La cappella della Vergine o del Cristo Pantocratore a Balme, Società Storica

delle Valli di Lanzo, vol. XCIX, 2007.

 

L’imponente abitazione fortificata del Routchàss, visibile nella parte alta di Balme, è analizzata

da R. DROCCO, Antiche strutture abitative a Balme, in Miscellanea di studi storici sulle Valli di Lanzo, Società Storica delle Valli di Lanzo, vol. L, 1996.

Scarica il pdf dell'itinerario

info@societastorica-dellevallidilanzo.it – 10074 Lanzo Torinese (TO), via San Giovanni Bosco 1 (c/o Biblioteca Civica e Archivio Storico – tel. 0123.29331)